Ricorso della Regione siciliana, in persona  del  Presidente  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso,   sia    congiuntamente    che
disgiuntamente, giusta procura a margine  del  presente  atto,  dagli
Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente  domiciliato
presso la sede dell'Ufficio della  Regione  Siciliana  in  Roma,  via
Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso  con  deliberazione
della Giunta regionale che si allega; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma,  Palazzo  Chigi,  Piazza  Colonna,
370, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e
difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 37  del  decreto  legislativo
del 23 giugno 2011, n.  118,  recante  «Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42» nella parte  in  cui
stabilisce che «Qualora entro sei mesi  dall'entrata  in  vigore  dei
decreti legislativi di cui all'articolo 36, comma  5,  non  risultino
concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al  completamento
delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente  decreto
e ai decreti legislativi di cui all'articolo  36,  comma  5,  trovano
immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto  speciale  e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano»  per  violazione  per
eccesso di delega dell'art. 76 della Costituzione in riferimento agli
articoli 1 e 27 della Legge di delega 5 maggio 2009, n.  42,  nonche'
degli articoli 43 e 36 dello Statuto speciale. 
 
                              F a t t o 
 
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica   italiana,   serie
generale, n. 172 del 26 luglio 2011, e' stato pubblicato il d.lgs. 23
giugno  2011,  n.  118,   recante   «Disposizioni   in   materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.  42»  che,  all'art.  37
contiene «Disposizioni concernenti le Regioni a statuto speciale e le
province autonome di Trento e di Bolzano». 
    In particolare, la norma reca  la  clausola  di  cedevolezza  nei
confronti delle regioni a  statuto  speciale  in  quanto,  dopo  aver
stabilito che «La decorrenza e le  modalita'  di  applicazione  delle
disposizioni di cui al presente  decreto  legislativo  nei  confronti
delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e di Bolzano, nonche' nei confronti degli enti locali  ubicati  nelle
medesime Regioni speciali e province  autonome,  sono  stabilite,  in
conformita'  con  i  relativi  statuti,  con  le  procedure  previste
dall'articolo 27 della  legge  5  maggio  2009,  n.  42»  dispone  al
capoverso che «Qualora entro sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  dei
decreti legislativi di cui all'articolo 36, comma  5,  non  risultino
concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al  completamento
delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente  decreto
e ai decreti legislativi di cui all'articolo  36,  comma  5,  trovano
immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto  speciale  e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    La  surriportata  previsione  del  citato  art.  37  del  decreto
legislativo, attuativo degli articoli 1 e  2  della  legge  5  maggio
2009, n. 42, nella parte in cui prevede - contrariamente al principio
generale che le disposizioni contenute nella legge di  delega  devono
essere  attuate  nelle  regioni  a  Statuto  Speciale  attraverso  le
procedure previste dai rispettivi Statuti - la  diretta  e  immediata
applicazione delle norme recate dal decreto legislativo n.  118/2011,
se le dette procedure di cui  ai  rispettivi  Statuti  non  dovessero
concludersi  entro  sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  dei  decreti
legislativi di cui all'art.2, comma 7, della  legge  n.  42/2009,  si
pone in palese contrasto con  le  prerogative  statutarie  di  questa
Regione per i seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
    Violazione per eccesso di delega dell'art.76  della  Costituzione
in riferimento agli artt. 1 e 27 della legge di delega 5 maggio 2009,
n. 42, monche degli artt. 43 e 36 dello statuto speciale. 
    L'attuale art. 37 del decreto legislativo  in  esame,da  ricerche
effettuate sul sito Internet della Conferenza  Unificata,  sembra  di
contenuto non corrispondente a quello dell'art. 35-bis oggetto, nella
seduta del 3 marzo 2011, dell'Intesa della quale  si  da  atto  nelle
premesse del decreto, come risulta dalla comparazione  fra  il  testo
della  norma  e  quello  dell'allegato  B,  che   costituisce   parte
integrante dell'Intesa stessa. 
    In ogni caso, l'art. 37, al capoverso in  questione,  e'  incorso
nella  violazione  di  uno  dei  principi  espressi  nella  legge  di
delegazione, quale quello formulato nel  secondo  comma  dell'art.  1
della legge n. 42 del 2009. 
    Con  quest'ultima  disposizione,  infatti,  la  posizione   delle
Regioni  a  statuto  speciale  e  delle  Province  autonome   -   con
riferimento ai vincoli derivanti dalla nuova disciplina  in  tema  di
federalismo fiscale ai sensi dell'art. 119 della  Costituzione  -  e'
stata differenziata da quella delle Regioni a statuto ordinario. 
    Codesta ecc.ma Corte Costituzionale in un  giudizio  promosso  da
questa Regione ed avente ad oggetto la legittimita' costituzionale di
talune norme della legge 5 maggio 2009, n. 42, ha rilevato (sent.  n.
201/2010) che l'«art.  1,  comma  2,  della  legge  n.  42  del  2009
stabilisce univocamente che  gli  unici  principi  della  delega  sul
federalismo fiscale applicabili alle Regioni a  statuto  speciale  ed
alle Province autonome sono quelli contenuti negli artt. 15, 22 e 27»
e ha ritenuto che «di conseguenza non sono applicabili  alla  Regione
Siciliana gli indicati principi e criteri di delega  contenuti  nelle
disposizioni  censurate»  precisando  altresi'  che  la   conclusione
enunciata «e' fondata su una sicura esegesi del dato normativo, priva
di plausibili alternative». 
    E cosi' mentre i decreti legislativi emanati ai sensi dell'art. 2
della legge n. 42/2009, tra  i  quali  anche  quello  finalizzato  ad
armonizzare i sistemi contabili e  gli  schemi  di  bilancio  che  al
presente ci occupa, si applicano direttamente alle Regioni a  statuto
ordinario, l'art.  27  della  stessa  legge  delega  prevede  che  ai
principi dalla stessa recati gli ordinamenti delle Regioni a  statuto
speciale e delle Province Autonome di Trento e  Bolzano  si  adeguano
«secondo criteri e modalita' stabiliti da  norme  di  attuazione  dei
rispettivi statuti, da definire,  con  le  procedure  previste  dagli
statuti medesimi». 
    Il legislatore delegato, inserendo  la  clausola  di  cedevolezza
surriportata e che oggi si impugna finisce per equiparare a quelle  a
Statuto ordinario  le  Regioni  a  Statuto  speciale  e  le  Province
Autonome e cio' in violazione del  principio  espresso  nell'art.  1,
secondo comma, della legge di delegazione n. 42 del 2009 e di  quanto
stabilito dall'art.  27  della  suddetta  legge  con  riferimento  al
vincolo  di  adeguamento   alla   nuova   disciplina   in   tema   di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
regioni, degli enti locali e dei loro organismi. 
    Al  riguardo  puo'  rammentarsi  che  un  analogo  tentativo   di
mortificazione  dell'  autonomia  speciale  e'  stato  vanificato  da
codesta ecc.ma Corte Costituzionale che,con sentenza 383 del 1994, ha
giudicato illegittimo, per  eccesso  di  delega  e  violazione  delle
competenze in materia di disciplina del pubblico  impiego,  spettanti
alla Regione Friuli-Venezia Giulia e alle Province autonome di Trento
e di Bolzano, l'art. 3 del d.lgs. n. 470 del 1993. E cio'  in  quanto
anche detta norma, in violazione del principio espresso  dalla  legge
di delegazione, n. 421 del  1992,  al  cui  rispetto  il  legislatore
delegato era  tenuto  anche  in  sede  di  adozione  di  disposizioni
correttive, aveva cancellato la distinzione  attraverso  cui  si  era
inteso   preservare   il   carattere   esclusivo   della   competenza
riconosciuta dagli statuti imponendo anche  alle  Regioni  a  statuto
speciale e alle Province autonome l'identico obbligo  di  adeguare  i
propri ordinamenti ai principi desumibili dal capo H  del  titolo  II
del d.lgs. n. 29 del 1993. 
    La disposizione oggi in esame - riprodotta nel d.lgs. 6 settembre
2011, n. 149, anch'esso attutivo del federalismo  fiscale  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  italiana  n.  219  del  20
settembre  2011  -  sicuramente  lede   prerogative   statutariamente
garantite alla Regione siciliana. 
    Ne deriva, infatti, la sottrazione al negoziato  sul  federalismo
fiscale tra Regione siciliana e Stato di  materie  per  le  quali  la
legge delega - come detto suffragata da giurisprudenza costituzionale
- ribadisce debba prestarsi ossequio al principio pattizio consacrato
negli Statuti speciali e, in particolare, in quello siciliano. 
    Ne' la previsione  della  cedevolezza  della  disciplina  statale
mette al riparo dal vulnus delle attribuzioni regionali  perche'  non
avendo lo Stato interesse alla definizione pattizia delle materie  de
quibus e'  probabile  che  si  configuri  la  condizione  di  mancato
completamento della relativa procedura come pure che, per  la  stessa
ragione, la transitorieta' dell'applicazione del decreto  legislativo
possa dilatarsi sine die e, comunque, perche' il  principio  pattizio
stabilito dallo Statuto di autonomia e ribadito  dall'art.  27  della
legge di delega n. 42/2009 subirebbe pregiudizio anche da una  deroga
temporalmente limitata che  avrebbe  anche  refluenze  sull'autonomia
finanziaria e contabile della  Regione  quale  sancita  dall'art.  36
dello Statuto. 
    E cio' risulta anche dall'art. 27 della legge  delega,  rubricato
«Coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome»  che,  ribadendo  la  necessita'  delle  norme  di
attuazione, stabilisce che esse devono tenere conto della  dimensione
della finanza delle singole Regioni e Province autonome rispetto alla
finanza pubblica complessiva, delle funzioni da  esse  effettivamente
esercitate e  dei  relativi  oneri,  anche  in  considerazione  degli
svantaggi  strutturali   permanenti,   ove   ricorrano,   dei   costi
dell'insularita'  e  dei  livelli   di   reddito   pro   capite   che
caratterizzano i rispettivi territori o parte  di  essi,  rispetto  a
quelli corrispondentemente sostenuti per le medesime  funzioni  dallo
Stato, dal complesso delle Regioni, e,  per  le  Regioni  e  Province
autonome che esercitano le funzioni in  materia  di  finanza  locale,
dagli enti locali. 
    Lo  stesso  legislatore,  dunque,  si  e'  reso  conto   che   al
conseguimento  degli  obiettivi  di  perequazione  e  al  conseguente
assolvimento degli obblighi posti  dall'ordinamento  comunitario  non
puo' pervenirsi attraverso l'applicazione di  discipline  unilaterali
generalizzate a realta' territoriali che, in ragione delle  rilevanti
peculiarita', che per la Sicilia sono di palese svantaggio, godono di
una particolare autonomia legislativa finanziaria. 
    Dalla mancata diversificazione delle singole realta' regionali ai
predetti fini deriva, quindi, con palese evidenza,  anche  il  vulnus
all'autonomia contabile  e  finanziaria  di  questa  Regione  sancita
dall'art. 36 dello Statuto.